domenica 25 settembre 2011

L'amore alla Croce

Il valore della Croce si comprende pienamente solo in rapporto alla logica dell'amore di Dio. Pure l'amore umano ha i suoi lati positivi ed è capace di oblatività, ma possiede dei confini che non supera: si limita a sacrificarsi, a perdonare solo a parenti ed amici e l'amicizia ha la connotazione dello stare bene insieme per affinità di carattere.Nell'amore umano si può mischiare un certo interesse, un desiderio di essere ricambiato e quando si sperimenta il tradimento, inevitabile nelle condizione umana, spesso e volentieri si spezza, non trova spazio per il perdono e lascia campo alla delusione e alla disperazione.
La Croce va al di là di tutte questi calcoli, supera i confini e s'immerge nell'infinito. Non avrebbe però senso, se essa non fosse accompagnata dall'amore. Siamo tutti creati per la felicità, ma il dramma umano ha inizio nel momento stesso in cui siamo venuti alla luce: destinati a morire in un giorno che non conosciamo, ci dilettiamo delle cose transitorie e perdiamo di vista il senso della vita.
Quante volte noi stessi cristiani pronunciamo senza immergerci nel vero significato, la parola Croce. Prorompiamo in espressioni di fede, vorremmo stare sotto la Croce, ma poi, quando la sofferenza bussa realmente alla porta della vita, tutti i nostri discorsi si demoliscono, non trovano consistenza. La poesia c'entra poco con la logica della croce, dura da comprendere ma soprattutto da vivere.
Croce vuol dire sofferenza morale intensa, tradimento, accompagnata dalla capacità di offrire e di amare perdonando i crocifissori. 
La logica della Croce va quindi compresa e letta in quella dell'amore. Le nostre croci sono sempre più piccole di quella che ha subito Nostro Signore: una croce davvero ingiusta. 

Quando noi parliamo di Croce dimentichiamo che è un patibolo dove il Corpo di Cristo, dilaniato, esala la sua anima. Parliamo di salvezza, ed è giusto perché dalla Croce è scaturita la salvezza, ma non entriamo nell'essenza di questa, rimaniamo alla superficie e non diveniamo discepoli veri di Cristo: "Chi vuol essere mio discepolo, prenda OGNI GIORNO la sua CROCE e mi segua".

Ogni vita umana è segnata dalla croce, dalla sofferenza. Gesù con questa breve frase, non alludeva ad una croce qualsiasi, alla sofferenza sterile, sopportata tanto per sopravvivere: voleva ben dire: accetta il tradimento, la sofferenza fisica, la solitudine in espiazione e riparazione dei peccati tuoi e dell'umanità intera.
Se non fosse stato così, Gesù avrebbe parlato semplicemente di sofferenza. Parla invece di croce, in rapporto alla Sua Passione. La sofferenza, la croce dell'uomo, quella che noi crediamo ingiusta, va portata. Ogni vita del discepolo, è in relazione a quella del Maestro. Non può essere scissa da essa. Essa, nelle Sue mani, solo nelle Sue mani, diventa strumento di salvezza per tutto il genere umano.
Dalla riconoscenza, dall'amore per la Croce di Cristo, nasce l'amore per le nostre croci quotidiane. Comprendiamo che la Croce di Gesù è la nostra salvezza; pure la nostra croce può diventare strumento di salvezza e si deve amare: da patibolo infamante, delusione cocente per il tradimento, può diventare salvezza per tante anime lontane da Dio e consolazione per il Cuore trafitto di Gesù. Ecco quindi, il desiderio dei santi di soffrire. Non certo per puro masochismo, l'uomo è infatti creato per la felicità, soprattutto l'uomo chiamato da Dio a seguirlo più da vicino. Allora, solamente se comprendiamo la grandezza della Croce di Gesù che ha portato alla Resurrezione, possiamo dare significato alla nostra Croce che, unita alla Sua, si può finalmente scrivere con la C maiuscola...

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